IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI LECCE Vista l'istanza presentata da Mastromarini Giovanni nato il 7 aprile 1948 a Cisternino, ed ivi residente alla Contrada Barbagliulo n. 3, con la quale chiede di essere riabilitato dalle condanne riportate con le sottoindicate sentenze: 13 dicembre 1979, sentenza pretore Fasano irrev. il 12 gennaio 1980: 1) violazione delle norme per la edificabilita' dei suoli art. 17, legge 28 gennaio 1977, n. 16; 2) violazione delle norme sul conglomerato cementizio armato art. 2, 13, legge 5 novembre 1971, n. 1086; 3) violazione delle norme sul conglomerato cementizio armato art. 4, 14, legge 5 novembre 1971, n. 1086; pena complessiva gg. 15 di arresto e L. 150.000 di ammenda; pena sospesa, non menzione; 12 dicembre 1988, sentenza corte appello Lecce irrev. il 13 novembre 1989 parz. riforma sent. 5 maggio 1988 pretore Fasano: 1) violazione delle norme per la edificabilita' dei suoli art. 17, legge 28 gennaio 1977, n. 10, 62-bis, 69 cpv., 99 cpv. n. 1 c.p. gg. 10 di arresto e L. 20.000.000 di ammenda. Con ordinanza corte appello Lecce in data 26 febbraio 1990 condonato l'arresto e L. 10.000.000 di ammenda ai sensi del d.P.R. 16 dicembre 1986, n. 865. F A T T O Il Mastromarino ha chiesto la riabilitazione per le condanne riportate sul certificato del casellario e trascritte in epigrafe. Per l'ultima delle due condanne la esecuzione della pena pecuniaria e' terminata il 26 ottobre 1993 con il pagamento dell'ultima rata dopo la parziale estinzione per effetto di condono. Ne consegue che l'istanza e' inammissibile non essendo ancora decorso il termine di cinque anni previsto dall'art. 179 cod. pen. In udienza il difensore ha eccepito la illegittimita' costituzionale della norma per violazione del principio di eguaglianza in quanto le condizioni economiche del condannato che rendono impossibile o ritardano il pagamento della pena pecuniaria si traducono in un ulteriore pregiudizio per il condannato consistente nella ritardata maturazione del termine utile per chiedere la riabilitazione. D I R I T T O La eccezione e' certamente rilevante e non e' manifestamente infondata. Le stesse considerazioni che a suo tempo hanno condotto alla dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma che prevedeva la conversione della pena pecuniaria non pagata in pena detentiva (art. 136 cod. pen.) inducono ora a dubitare della costituzionalita' della norma che fissa il termine per la riabilitazione con riferimento al giorno "in cui la pena principale sia stata eseguita" senza distinguere tra pena detentiva e pena pecuniaria e senza consentire la valutazione dei motivi della ritardata o mancata esecuzione. Dopo la legge 24 novembre 1981, n. 689 che ha previsto la conversione delle pene pecuniarie non pagate in sanzioni sostitutive e soprattutto dopo il nuovo codice di procedura penale che all'art. 660, comma terzo, attribuisce al magistrato di sorveglianza la facolta' di rateizzare, il pagamento e di differire la conversione, il termine della esecuzione delle pene pecuniarie puo' avvenire a notevole distanza di tempo dal momento in cui la condanna e' diventata irrevocabile o il condannato e' tornato in liberta' dopo la esecuzione della pena detentiva. Si potrebbe anche osservare, pur non essendo ora rilevante, che nel periodo intermedio tra la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 136 cod. pen. e l'entrata in vigore della legge n. 698/1991 l'esecuzione della pena pecuniaria poteva essere ritardata all'infinito fino a quando le condizioni economiche del condannato non avessero consentito la esecuzione e il pagamento, con la conseguenza che anche il termine per chiedere la riabilitazione poteva essere ritardato all'infinito. Questa disparita' di trattamento derivante dalle diverse condizioni economiche dei condannati non appare giustificata e conforme ai principi costituzionali, in particolare al principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione.